Quando i comici facevano i comici e non i politici, il loro ruolo sociale era altissimo.
Ieri sera al teatro Brancaccio di Roma è andato in scena lo spettacolo di Paolo Ruffini “UP and DOWN”. Ci piace Ruffini, toscanaccio prolisso dagli occhi puliti. Chi pensa di attraversare il foyer con aria sacrale e compassionevole trattandosi di “un certo tipo di spettacolo”, sbaglia di grosso. Dopo solo tre minuti dalla scoppiettante apertura del sipario, accompagnata dal lancio di palloni giganti che viaggiano sulla platea a suon di musica, capisci subito che quelli lì sono attori professionisti con una buona comicità e inizi a ridere di gusto.
Sarà che il paraplegico stronzo esiste davvero, come esiste lo stronzo normodotato. Sarà che un attore può fare battute sul sesso aldilà di come si sono combinati i suoi cromosomi in gestazione. Sarà che la signorina può essere sexy se è seducente, e il tenore è tale se ha estensione di voce, il ballerino è bravo se mentre danza emoziona e il comico migliore è quello che ti fa ridere “abbestia”!
Il comico è bravissimo, però, se riesce a trasformare le lacrime da risata in lacrime da commozione, se riesce a farti passare sulla schiena un brivido veloce perché ti insegna una parola che conosci da sempre, quella parola completamente dimenticata e omessa dal nostro comune parlare: bontà. Così quella platea all’improvviso diventa un piccolo, silenzioso esercito del bene perché il bene è contagioso quanto una risata.
Così i dieci anni di Manfredi all’improvviso, si sono affiancati e confusi agli 80 di Franco e ci è sembrato estremamente naturale alla fine dello spettacolo abbracciarci tutti in un caos di cromosomi, carrozzelle, panettoni, prosecchi, vecchi, giovani, attori, pubblico, grassi, magri ma tutti con un denominatore comune, con un concetto preciso: siamo UP quando siamo felici e siamo DOWN quando siamo tristi. Semplice no? Bravo Paolo, grande lezione di vita e grandi risate!